Il Consiglio “Economia e finanza” dell’UE, meglio noto come Ecofin, ha approvato nel 2019 una nuova versione della “blacklist” dei paradisi fiscali: sono dieci i nuovi ingressi tra cui Aruba, Barbados, Belize, Dominica, Figi, Isole Marshall, Oman, Emirati Arabi Uniti e Vanuatu.
Questi Paesi sono stati ufficialmente definiti “non cooperativi” in quanto non solo hanno risaputamente adottato una legislazione tale da permettere a privati e società di nascondere i loro guadagni al fisco europeo, ma si sono dimostrati del tutto reticenti a rendere più trasparente il loro regime fiscale. La prima lista compilata dall’Ecofin risale al 2017 ed è stata aggiornata quest’anno insieme alla lista grigia, di cui parleremo in seguito.
Forse non tutti sanno che l’Ecofin è composto dai ministri dell’economia e delle finanze di tutti gli Stati membri UE ed è responsabile della politica economica, delle questioni fiscali, di quelle inerenti ai mercati finanziari e ai movimenti di capitali, nonché delle relazioni economiche con i Paesi extra UE. Attraverso questo organismo, nel 2019, l’UE ha controllato il regime fiscale di quasi 100 Paesi, valutandone, tra l’altro, la trasparenza fiscale, il governo, l’attività economica reale, la presenza di aliquote zero per le imprese. Alla fine di queste analisi e di lunghe discussioni, è stata compilata la nuova lista nera dei paradisi fiscali.
Ovviamente le concertazioni tra i ministri sono state delicate perché si è trattato di prendere decisioni molto tecniche, con forti implicazioni non solo economiche, ma anche politiche e sociali. Bruxelles ha costretto molti Paesi a intervenire per rimuovere i regimi considerati “dannosi”. Altri, come Guam, Samoa americane, Trinidad e Tobago e le Isole vergini americane hanno deciso di dichiarare guerra all’UE, non impegnandosi in alcun modo nell’adeguamento dei loro sistemi fiscali. Per questo restano nella lista nera.
Sebbene essa non abbia valore coercitivo, le conseguenze dell’esserne inseriti vanno a ripercuotersi sia sulle società che fanno affari con loro, perché dovranno effettuare rigidi controlli, ma anche sui Paesi stessi che avranno preclusa la possibilità di usufruire di qualsivoglia aiuto economico europeo.
Come anticipato, esiste anche una cosiddetta lista grigia UE, quella dei Paesi sotto osservazione. Essa è composta attualmente da circa 30 Stati che si sono impegnati formalmente a modificare la propria giurisdizione fiscale entro fine anno. Vedremo se Paesi come Svizzera, Turchia, Australia e Albania saranno in grado di mantenere le loro promesse con l’Unione Europea. In assenza di progressi, anche loro finiranno nella blacklist.
Chi rispetta gli impegni, invece, viene premiato: più di 20 Paesi sono stati depennati dalla blacklist. Tra questi Panama, Hong Kong, Isola di Man, Guernsey e Jersey, considerati però da Oxfam (Oxford Committee for Famine Relief) tra i peggiori paradisi fiscali del mondo. La posta in gioco è alta e le polemiche non si placano.
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