Le tasse sulle multinazionali che si appoggiano alle società offshore sono diventate il cuore del dibattito economico più importante del mondo.
L’obiettivo è far pagare ai giganti del web come Google e Amazon una quota di tasse in linea con i loro ingenti guadagni, eliminando lo scudo di accordi con i singoli stati e i trasferimenti di asset e utili in filiali appositamente registrate nei cosiddetti “paradisi fiscali”.
Questa crescente spinta globale per tassare i servizi digitali dei big della Silicon Valley, ha sollevato il problema di una nuova guerra tariffaria e ha reso urgenti nuovi colloqui internazionali. La lotta alle società offshore mette in discussione alleanze storiche. Francia, Italia e Gran Bretagna si scontrano con gli Stati Uniti mettendo al centro del dibattito domande fondamentali. Dove viene generata l’attività economica nell’era digitale? Dove deve essere tassata? Chi deve incassare tali entrate? La posta in gioco è altissima, e ha spinto i governi di tutto il mondo a prendere in considerazione nuove tasse digitali.
A inizio anno, i leader riuniti a Davos, in Svizzera, hanno mediato una tregua tra Usa e Francia, perché quest’ultima aveva proposto di andare avanti con una tassa sui servizi digitali. I funzionari di entrambi i Paesi hanno messo in pausa questa disputa per dare ai negoziatori internazionali la possibilità di raggiungere un accordo fiscale globale.
E l’Italia? Dopo un primo tentativo fatto dal governo Gentiloni e uno durante la prima legislatura Conte, la web tax è arrivata anche da noi con la manovra per il 2020. La legge di bilancio 2018 prevedeva un gettito di 160 milioni per il 2019 ma la cifra non è mai arrivata perché mancavano i decreti attuativi. Per il 2020 si prevedono 600 milioni, e per garantirne la ricezione si pensa di copiare la web tax francese.
Cosa prevede le nostra tassa? Prelievo del 3% per le imprese con ricavi ovunque realizzati non inferiori a 750 milioni e ricavi derivanti da servizi digitali non inferiori a 5,5 milioni. I tre ambiti di applicazione della nuova tassa saranno: la pubblicità mirata agli utenti online, la fornitura di beni e servizi venduti su piattaforme digitali e la trasmissione di dati degli utenti.
La costituzione di una società offshore è un processo semplice e richiede poco tempo, per farlo però è consigliabile affidarsi a partner professionali esperti del settore. Contattaci per saperne di più.