Forse non tutti sanno che in Italia, almeno sette club di Serie A sono posseduti da società straniere e ognuna di loro è controllata da entità che hanno sede in un paradiso fiscale.
Qualche esempio? La Juventus è controllata dall’Olanda, l’Inter risulta proprietà di entità lussemburghesi e delle Isole Cayman; il Milan è lussemburghese ma con radici anche in Delaware e nelle solite Cayman, la Roma è radicata nel Delaware, il Bologna fa capo a società in Lussemburgo e Delaware.
Utilizzare questi Paesi con fiscalità “particolare” o giurisdizioni segrete come base per le proprie società, è sicuramente lecito e non significa che si stiano attuando automaticamente comportamenti non conformi alla legge o all’etica sportiva. Ma è giusto sapere che ogni qual volta paghiamo i biglietti per le partite, gli abbonamenti o vediamo una partita di calcio in tv, una piccola quota finisce in qualche paradiso offshore. E parliamo anche di serie B e delle serie minori.
Per citare qualche club di Serie B, il Venezia è controllato da due società delle Isole Cayman e La Spezia Calcio è posseduto da una fondazione olandese.
Ma merita una parentesi a parte il Como, in serie C, controllato dal ricchissimo indonesiano R. Budi Hartono. È interessante provare a capire cosa può spingere il 54° uomo più ricco del mondo, che vive in Indonesia, a investire su una piccola squadra italiana di serie C. E non è l’unico magnate ad aver creduto nei club nostrani. Ma perché tanta attenzione al mondo calcistico?
Una delle risposte probabilmente risiede nel fatto che quasi sempre tutto avviene passando per qualche paradiso fiscale. Questo, e molto altro, emerge da un report del 2015 “The offshore game” frutto del lavoro di alcuni esperti tra cui il CEO del Tax Justice Network, che hanno analizzato i bilanci e le proprietà di più di 100 club dei campionati di calcio inglesi e scozzesi.
Secondo il report la presunta opacità finanziaria nascosta dietro a molti dei club presi in esame, rende teoricamente possibile ingannare alcune regole societarie e può facilitare forme di abuso fiscale o, ancor peggio, il riciclaggio di fondi.
E ancora, rende facile barare sulle regole, sui pagamenti, agevola forme di corruzione di avversari e funzionari: tutte attività che minano l’integrità del gioco e la stabilità finanziaria dei club. Questo trend, emerso già qualche anno fa nei club d’oltremanica, è arrivato anche da noi: la Lega Calcio italiana sta assistendo all’aumento delle proprietà, o del debito delle società, legati a giurisdizioni opache come Delaware, Cayman e Lussemburgo. Ma siamo in buona compagnia: servirsi di un paradiso fiscale è una prassi condivisa da moltissime società in tutta Europa.
Riuscirà il calcio europeo ad adottare misure rigorose per garantire che i club forniscano un livello più elevato di trasparenza finanziaria? Se ciò non avvenisse, come reagiranno i tifosi, che ovviamente subiranno le conseguenze di questi giochi finanziari?
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