Secondo Transparency International, l’organizzazione internazionale non governativa che si occupa di corruzione, dal 2015 a oggi le società estere hanno investito sul mercato immobiliare italiano quasi 13 miliardi di euro.
Tutte queste operazioni hanno in comune un investitore straniero, di solito una Società di Gestione del Risparmio, che investe i soldi di un fondo, spesso legato ad altri fondi. Questi, nella maggior parte dei casi, fanno riferimento a un conto offshore a cui è difficile risalire.
Le società in oggetto possiedono immobili nelle più grandi città Italiane, soprattutto a Milano, ma anche a Roma, Venezia, Firenze e spesso basano i loro affari in giurisdizioni dove le imposte sono vicine allo zero, a scapito della trasparenza societaria e di quella fiscale.
È quindi molto complicato risalire al beneficiario effettivo di questo giro di investimenti immobiliari, che muove cifre rilevanti: solo su Milano, se consideriamo gli ultimi 5 anni, parliamo di circa 160 acquisizioni per un controvalore di 8 miliardi di euro.
Transparency International ha provato a far luce su questo tema. Chi c’è dietro queste grandi operazioni, iniziativa di famose società di real estate internazionali? Da dove arrivano i fondi utilizzati per le transazioni? Provengono da qualche conto offshore, sono legate ad un qualche paradiso fiscale?
Cominciamo con il riportare alcuni dati emersi dalla ricerca: i maggiori investimenti immobiliari realizzati in Italia sono a Milano. Tra questi uno dei più rilevanti ai fini dell’inchiesta è sicuramente il futuro centro commerciale Merlata Mall, un’operazione da 330 milioni di euro compiuta da Ceetrus Italy Spa. Essa è una multinazionale del real estate che gestisce molti centri commerciali italiani; iI cento per cento delle quote societarie della Ceetrus Italy Spa fa capo all’olandese I.d.c. Int. Development Corporation Bv. C’è poi Palazzo di Spiga 26, acquisito da Hines e Pggm. La Hines Italy fa capo alla Hines Europe Limited di Londra, che ha sua volta ha base nel famoso paradiso fiscale del Delaware.
I casi sopracitati non sono certo isolati e Transparency International cita molti altri esempi di compravendite a Venezia, Roma, Firenze. Essi fanno emergere in maniera chiara la questione della sede fiscale delle società che si occupano di immobili in Italia: l’acquirente è spesso un fondo d’investimento che basa le sue transazioni su un conto offshore in un qualche paradiso fiscale; in questo modo le imposte derivate dal canone d’affitto potrebbero non andare al fisco italiano così come la plusvalenza che il fondo potrebbe ottenere rivendendo l’immobile a un’altra società.
Eppure, spesso eccessivi controlli fiscali e complicati processi burocratici possono rendere difficile movimentare il proprio denaro in modo veloce, per questo aprire un conto offshore presso una banca estera risulta estremamente conveniente per privati e aziende. Contattaci per saperne di più.